Giustizia sociale
Crediamo che compito essenziale della politica sia quello di ricucire le
ferite della società, rimuovendo le ragioni spesso pretestuose di divisione,
garantendo a tutte e tutti i Piemontesi i diritti essenziali alla salute,
all’istruzione, al poter contribuire alla società in base alle proprie
esperienza, competenze, capacità, alla possibilità di realizzarsi come persona
attraverso il lavoro senza dover rinunciare alla famiglia.
Da 15 anni a questa parte stiamo affrontando tre crisi straordinarie: finanziaria, pandemica e bellica. Gli effetti di questi tre eventi sono stati strutturali con impatti drammatici per il lavoro, per i redditi e soprattutto per le componenti più vulnerabili della società.
Il nostro Paese sente il peso delle tre crisi più degli altri Paesi europei perché è meno capace di generare lavoro, elemento decisivo di debolezza. Quando lo crea è temporaneo, precario, atipico, poco pagato e caratterizzato da rischi in particolare se le persone sono giovani, sono donne, sono residenti al Sud o provengono dal sud del mondo, se hanno titoli di studio bassi.
Per queste ragioni, la situazione sociale ed economica dei ceti medi e di quelli più poveri nella nostra regione è drasticamente peggiorata e fa riferimento non a povertà legata a processi emergenziali o congiunturali ma a processi di impoverimento strutturali; siamo di fronte ad uno scenario tra i più preoccupanti degli ultimi 15 anni.
Le persone non riescono ad assicurarsi beni e servizi essenziali ed aumenta ogni giorno il numero di coloro che richiedono supporto perché non riescono a pagare i costi della casa ( affitto e bollette), quelli dei generi alimentari e delle spese farmaceutiche. I bilanci familiari sono messi in ginocchio dall’aumento dell’inflazione, dai prezzi di luce e gas, dall’aumento dei tassi di interesse dei mutui.
A riprova di quanto affermato, uno dei dati più preoccupanti è legato alla povertà delle nuove generazioni: infatti il 59% dei giovani che provengono da famiglie vulnerabili (fonte Rapporto Caritas Italiana 2022) non riusciranno ad emanciparsi da quella situazione di fragilità per la mancanza di lavoro e ciò genererà nuova povertà. in tale contesto, dallo Stato e dalla Regione non sono arrivati aiuti idonei: la Regione Piemonte si è mossa su un pericoloso crinale di privatizzazione dei servizi essenziali, a partire dalla sanità, che divengono pertanto accessibili sulla base del reddito e non compiutamente universali.
Osserviamo inoltre con preoccupazione lo stravolgimento in atto dell’unica misura di contrasto alla povertà nel nostro Paese: il Reddito di Cittadinanza che per la brevità di sperimentazione e per procedure di assegnazione non ben assestate, ha raggiunto finora solo il 44% degli aventi diritti. Se da un lato un aggiustamento della misura era necessaria, l’introduzione del MIA (Misura di Inclusione Attiva) prevederà un taglio del 30% del sussidio ai percettori “occupabili”. Questa classificazione non esiste in nessun Paese Europeo ed è in contrasto con la recente raccomandazione UE, firmata anche dall’Italia, che non fa distinzione tra occupabili e non. Questa distinzione porterà a restringere di molto la platea dei beneficiari e quindi della spesa totale per lo Stato attraverso una riduzione dell’importo, della durata e della soglia del tetto ISEE. In particolare la riduzione del tetto ISEE penalizzerà soprattutto coloro che vivono nel Nord Italia – quindi anche i cittadini piemontesi – perché verrà identificata una soglia ISEE massima uguale in tutto il Paese, senza tener conto del diverso costo della vita tra Nord e Sud.
Riteniamo pertanto che l’impoverimento in atto richieda una programmazione delle politiche e degli interventi coerente con i nuovi bisogni della popolazione e in grado di produrre risposte adeguate a vecchi e nuovi beneficiari, ponendo gli interventi di lotta alla povertà e riduzione delle disuguaglianze tra le priorità, attraverso approcci, interventi di prevenzione e di sostegno non meramente assistenziali, ma concepite per favorire l’inclusione attiva nella varie forme possibili.
Da 15 anni a questa parte stiamo affrontando tre crisi straordinarie: finanziaria, pandemica e bellica. Gli effetti di questi tre eventi sono stati strutturali con impatti drammatici per il lavoro, per i redditi e soprattutto per le componenti più vulnerabili della società.
Il nostro Paese sente il peso delle tre crisi più degli altri Paesi europei perché è meno capace di generare lavoro, elemento decisivo di debolezza. Quando lo crea è temporaneo, precario, atipico, poco pagato e caratterizzato da rischi in particolare se le persone sono giovani, sono donne, sono residenti al Sud o provengono dal sud del mondo, se hanno titoli di studio bassi.
Per queste ragioni, la situazione sociale ed economica dei ceti medi e di quelli più poveri nella nostra regione è drasticamente peggiorata e fa riferimento non a povertà legata a processi emergenziali o congiunturali ma a processi di impoverimento strutturali; siamo di fronte ad uno scenario tra i più preoccupanti degli ultimi 15 anni.
Le persone non riescono ad assicurarsi beni e servizi essenziali ed aumenta ogni giorno il numero di coloro che richiedono supporto perché non riescono a pagare i costi della casa ( affitto e bollette), quelli dei generi alimentari e delle spese farmaceutiche. I bilanci familiari sono messi in ginocchio dall’aumento dell’inflazione, dai prezzi di luce e gas, dall’aumento dei tassi di interesse dei mutui.
A riprova di quanto affermato, uno dei dati più preoccupanti è legato alla povertà delle nuove generazioni: infatti il 59% dei giovani che provengono da famiglie vulnerabili (fonte Rapporto Caritas Italiana 2022) non riusciranno ad emanciparsi da quella situazione di fragilità per la mancanza di lavoro e ciò genererà nuova povertà. in tale contesto, dallo Stato e dalla Regione non sono arrivati aiuti idonei: la Regione Piemonte si è mossa su un pericoloso crinale di privatizzazione dei servizi essenziali, a partire dalla sanità, che divengono pertanto accessibili sulla base del reddito e non compiutamente universali.
Osserviamo inoltre con preoccupazione lo stravolgimento in atto dell’unica misura di contrasto alla povertà nel nostro Paese: il Reddito di Cittadinanza che per la brevità di sperimentazione e per procedure di assegnazione non ben assestate, ha raggiunto finora solo il 44% degli aventi diritti. Se da un lato un aggiustamento della misura era necessaria, l’introduzione del MIA (Misura di Inclusione Attiva) prevederà un taglio del 30% del sussidio ai percettori “occupabili”. Questa classificazione non esiste in nessun Paese Europeo ed è in contrasto con la recente raccomandazione UE, firmata anche dall’Italia, che non fa distinzione tra occupabili e non. Questa distinzione porterà a restringere di molto la platea dei beneficiari e quindi della spesa totale per lo Stato attraverso una riduzione dell’importo, della durata e della soglia del tetto ISEE. In particolare la riduzione del tetto ISEE penalizzerà soprattutto coloro che vivono nel Nord Italia – quindi anche i cittadini piemontesi – perché verrà identificata una soglia ISEE massima uguale in tutto il Paese, senza tener conto del diverso costo della vita tra Nord e Sud.
Riteniamo pertanto che l’impoverimento in atto richieda una programmazione delle politiche e degli interventi coerente con i nuovi bisogni della popolazione e in grado di produrre risposte adeguate a vecchi e nuovi beneficiari, ponendo gli interventi di lotta alla povertà e riduzione delle disuguaglianze tra le priorità, attraverso approcci, interventi di prevenzione e di sostegno non meramente assistenziali, ma concepite per favorire l’inclusione attiva nella varie forme possibili.
I nostri punti di programma
1. Salute
Dobbiamo innestare sulla futura Città della Salute di Torino un sistema
territoriale integrato di educazione, prevenzione e diagnosi che, anche
attraverso le possibilità della telemedicina e della diagnostica a distanza,
promuova un eguale accessibilità del sistema sanitario sul territorio. Occorre
sostenere l’invecchiamento attivo e sano della popolazione e i legami
intergenerazionali.
La nostra priorità sarà la riorganizzazione del sistema di accesso alle prestazioni sanitarie e la riduzione delle liste di attesa. Attualmente, in molte ASL i tempi di attesa delle prestazioni specialistiche non urgenti e di quelle diagnostiche superano nella maggior parte dei casi i 30 giorni, andando anche a raggiungere diversi mesi. Ciò è dovuto principalmente alla insufficiente spesa sanitaria, di molto inferiore ad altri grandi paesi UE, che si traduce in carenza di personale e inadeguatezza delle strutture sanitarie. Ma il problema delle lunghe liste d’attesa è dovuto anche ad un inefficiente sistema di accesso alle prestazioni sanitarie, che prevede un lungo tempo di diagnosi, con sovrapposizione di figure e di strutture a partire dal medico di base fino ad arrivare alle visite specialistiche. Situazione che poi va a sovraccaricare i pronto soccorso e incide negativamente sulla possibilità di offrire prestazioni d’urgenza.
Per questo crediamo che sia necessario rivedere il sistema di accesso alla sanità per fornire un miglior indirizzamento, fin dal primo momento, del paziente alle prestazioni necessarie. La medicina di prossimità, con le nuove strutture delle Case della salute e degli Ospedali di comunità, sono di fondamentale importanza in questo contesto. Inoltre, per ridurre il sovraccarico del sistema sanitario ed in generale per migliorare salute e benessere dei cittadini, è necessario puntare sulla prevenzione, promuovendo campagne di screening e di promozione di uno stile di vita sano, anche a partire dalle scuole. Infine, è necessario potenziare la rete dei consultori per una tutela della salute integrale delle persone e promuovere l’educazione sessuale e affettiva.
La nostra priorità sarà la riorganizzazione del sistema di accesso alle prestazioni sanitarie e la riduzione delle liste di attesa. Attualmente, in molte ASL i tempi di attesa delle prestazioni specialistiche non urgenti e di quelle diagnostiche superano nella maggior parte dei casi i 30 giorni, andando anche a raggiungere diversi mesi. Ciò è dovuto principalmente alla insufficiente spesa sanitaria, di molto inferiore ad altri grandi paesi UE, che si traduce in carenza di personale e inadeguatezza delle strutture sanitarie. Ma il problema delle lunghe liste d’attesa è dovuto anche ad un inefficiente sistema di accesso alle prestazioni sanitarie, che prevede un lungo tempo di diagnosi, con sovrapposizione di figure e di strutture a partire dal medico di base fino ad arrivare alle visite specialistiche. Situazione che poi va a sovraccaricare i pronto soccorso e incide negativamente sulla possibilità di offrire prestazioni d’urgenza.
Per questo crediamo che sia necessario rivedere il sistema di accesso alla sanità per fornire un miglior indirizzamento, fin dal primo momento, del paziente alle prestazioni necessarie. La medicina di prossimità, con le nuove strutture delle Case della salute e degli Ospedali di comunità, sono di fondamentale importanza in questo contesto. Inoltre, per ridurre il sovraccarico del sistema sanitario ed in generale per migliorare salute e benessere dei cittadini, è necessario puntare sulla prevenzione, promuovendo campagne di screening e di promozione di uno stile di vita sano, anche a partire dalle scuole. Infine, è necessario potenziare la rete dei consultori per una tutela della salute integrale delle persone e promuovere l’educazione sessuale e affettiva.
Le nostre proposte
- la creazione di un modello hub+spoke, fondato su un primo accesso al servizio garantito da centri multidisciplinari; tali centri dovrebbero accogliere medici di medicina generale, capacità di analisi e diagnostiche di primo livello (es. analisi dei fluidi corporei, radiografie…), personale e servizi caratteristici dei consultori, tra cui figure come mediatori e mediatrici culturali e psicologi;
- l’utilizzo di telemedicina e teleconsulto: da tali centri, i medici di medicina generale siano in grado di poter richiedere in tempo reale consulti specialistici – supportati dalla condivisione sempre in tempo reale della documentazione diagnostica prodotta in situ (es. una radiografia effettuata nel centro di primo accesso stesso);
- la digitalizzazione delle cartelle cliniche, uniformate a livello regionale, italiano, europeo;
- l’individualizzazione delle prestazioni sanitarie in base a fattori di rischio come età, fumo, sesso biologico, mediante un sistema informatizzato che guidi la o il paziente attraverso screening e valutazioni personalizzate;
- la completa realizzazione delle case della salute e degli ospedali di comunità per promuovere l’assistenza sanitaria vicino alle persone.;
- il potenziamento dei Servizi Consultoriali integrando questi servizi con ambulatori di medicina generale e diagnostica di base in centri medici di prossimità;
- l’educazione Affettiva e Sessuale, attraverso l’apertura di sportelli di consulenza e educazione affettiva e sessuale all’interno degli istituti scolastici;
- il rifinanziamento e il potenziamento del progetto dello psicologo delle cure primarie, per dare piena accessibilità al servizio e raggiungere quante più persone possibile, per garantire il fondamentale diritto della tutela del benessere psicologico
- la realizzazione di programmi di promozione dell’autonomia e della consapevolezza in ambito sessuale, per consentire alle persone di prendere decisioni informate sulla propria salute sessuale.
2. Anziani e assistenza
In Italia, secondo l’Istat, nel 2021 gli over 65 rappresentavano il 22,8 per
cento della popolazione, mentre nel 2031 si stima che saranno il 28,3. In
Italia l’aspettativa di vita è tra le più alte al mondo, nel 2022 alla nascita
era di 83,6 anni per le donne e di 79,7 anni per gli uomini. Stando alle
ultime rilevazioni, l’attuale invecchiamento della popolazione mondiale
rappresenta un fenomeno senza precedenti, la percentuale degli over 65 sul
totale della popolazione è in aumento costante, crescerà anche il numero dei
cosiddetti «grandi vecchi» , cioè gli over 80. A fronte di queste dinamiche,
riteniamo che in futuro si rivelerà cruciale, nonché strategico, riuscire a
dare una risposta al fenomeno dell’invecchiamento attivo. Il presupposto è che
l’anziano rimanga il più a lungo possibile responsabile della propria vita e
che l’invecchiamento attivo allunghi la vita e ne migliori la qualità.
Crediamo sia indispensabile dare una risposta anche alle esigenze abitative dei nuovi over 65 promuovendo la formula del “Senior housing”, che si rivolge ad anziani autosufficienti proprio con l’obiettivo di promuovere l’invecchiamento attivo.
Riteniamo sia importante promuovere investimenti in questo settore anche per l’esigenza di limitare il ricorso al ricovero nelle case di cura o RSA, con il conseguente contenimento della spesa pubblica.
Il modello di assistenza alla popolazione anziana nella nostra regione è ancora fondato soprattutto sul ricovero in istituto. Infatti la Regione ha stabilito il tetto del 3% del totale della popolazione over 65 come coefficiente per definire il numero di letti e strutture accreditate di ricovero. Uno dei coefficienti più alti d’Italia.
Come segnalato nelle linee di indirizzo generali per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria dedicata alla popolazione anziana, elaborate dalla commissione per la riforma della assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, si rileva nel nostro paese e nella nostra regione “la fortissima carenza dei servizi di assistenza a domicilio siano essi sociali, sanitari che integrati”.
Crediamo sia indispensabile dare una risposta anche alle esigenze abitative dei nuovi over 65 promuovendo la formula del “Senior housing”, che si rivolge ad anziani autosufficienti proprio con l’obiettivo di promuovere l’invecchiamento attivo.
Riteniamo sia importante promuovere investimenti in questo settore anche per l’esigenza di limitare il ricorso al ricovero nelle case di cura o RSA, con il conseguente contenimento della spesa pubblica.
Il modello di assistenza alla popolazione anziana nella nostra regione è ancora fondato soprattutto sul ricovero in istituto. Infatti la Regione ha stabilito il tetto del 3% del totale della popolazione over 65 come coefficiente per definire il numero di letti e strutture accreditate di ricovero. Uno dei coefficienti più alti d’Italia.
Come segnalato nelle linee di indirizzo generali per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria dedicata alla popolazione anziana, elaborate dalla commissione per la riforma della assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, si rileva nel nostro paese e nella nostra regione “la fortissima carenza dei servizi di assistenza a domicilio siano essi sociali, sanitari che integrati”.
Le nostre proposte
- maggiori risorse per l’assistenza domiciliare alle persone non autosufficienti, anche a fronte della trattativa in corso con ASL per la definizione di un nuovo modello di prestazioni sociosanitarie domiciliati che consenta di stabilizzare le figure professionali oggi impiegate con contratti precari tramite agenzie interinali;
- sostegno alle famiglie con carichi assistenziali. Potenziamento dei contributi alle famiglie e ai caregiver che assistono anziani e disabili al domicilio
- promozione di altre forme di accoglienza per anziani: case famiglia, cohousing, centri diurni, case di giorno, appartamenti protetti
- adeguate risorse per l’integrazione delle rette per i servizi residenziali rivolti ad anziani e persone con disabilità, anche a fronte della modifiche richieste dalla Regione Piemonte circa i criteri di erogazione dell’integrazione, che ad oggi, a risorse invariate, comporterebbero di fatto la diminuzione della platea delle persone beneficiarie;
- creazione di un’anagrafe regionale delle residenze per anziani al fine di monitorare i livelli di assistenza
3. Lavoro e innovazioni
Una delle sfide più importanti per la prossima giunta sarà quella di
contrastare il fenomeno dei NEET (giovani che non lavorano, non studiano e non
seguono corsi di formazione). Il Piemonte è la peggiore regione del Nord
Italia per numero di NEET: sono infatti il 17,7% rispetto ad una media europea
che è del 10,8%. Attraverso attente politiche attive per il lavoro è possibile
diminuire questo numero, per ricondurlo a quello di altre grandi regioni del
Nord Italia e alla media europea.
Attualmente, l’Italia spende meno della metà di altri importanti paesi europei nelle politiche attive per il lavoro, lasciando la ricerca del lavoro e la formazione delle competenze quasi interamente a carico del lavoratore e al settore privato delle agenzie per il lavoro. Gli strumenti offerti dal pubblico, inoltre, sono inadeguati, non riuscendo pienamente a incrociare domanda e offerta e a fornire strumenti di formazione e di inserimento al lavoro effettivamente utili, generando così anche uno spreco di risorse.
Molte delle risorse economiche messe a disposizione sono destinate a tirocini, mentre poche sono quelle destinate a corsi di formazione. È necessario, perciò, spostare in modo significativo le risorse dai tirocini, strumento inadeguato alla creazione di lavoro e alla formazione professionale, ai corsi di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione, molto più utili a garantire occupabilità.
Inoltre, nonostante l’elevato numero di disoccupati in Italia e in Piemonte, c’è ancora un forte disallineamento tra domanda e offerta che si traduce in migliaia di posti di lavoro scoperti, spesso per mancanza di profili adatti. Pertanto è necessario fornire strumenti per lo sviluppo delle competenze più richieste, attraverso corsi specifici e mirati.
Nei prossimi anni sarà concreta la possibilità ci creazioni di opportunità lavorative per milioni di persone nel settore ambientale. Quindi si dovrà sostenere la formazione anche nel campo dei “green jobs” per le generazioni attuali e per quelle future. In questo senso diventerà fondamentale creare infrastrutture che possano colmare il divario tra presente e futuro.
Sarà necessario aumentare la capacità di creare valore nei diversi comparti economici (agricoltura, turismo, manifattura, servizi, commercio, pubblica amministrazione) attraverso il trasferimento tecnologico, la digitalizzazione, l’automazione, la cooperazione in reti di impresa, la costruzione di filiere, l’innovazione di processo e di prodotto, la promozione dei territori e delle sue produzioni. In questo modo sarà possibile aumentare l’offerta di occasioni di lavoro e di impresa e così come l’attrattiva del sistema piemontese per nuove iniziative e investimenti.
Attualmente, l’Italia spende meno della metà di altri importanti paesi europei nelle politiche attive per il lavoro, lasciando la ricerca del lavoro e la formazione delle competenze quasi interamente a carico del lavoratore e al settore privato delle agenzie per il lavoro. Gli strumenti offerti dal pubblico, inoltre, sono inadeguati, non riuscendo pienamente a incrociare domanda e offerta e a fornire strumenti di formazione e di inserimento al lavoro effettivamente utili, generando così anche uno spreco di risorse.
Molte delle risorse economiche messe a disposizione sono destinate a tirocini, mentre poche sono quelle destinate a corsi di formazione. È necessario, perciò, spostare in modo significativo le risorse dai tirocini, strumento inadeguato alla creazione di lavoro e alla formazione professionale, ai corsi di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione, molto più utili a garantire occupabilità.
Inoltre, nonostante l’elevato numero di disoccupati in Italia e in Piemonte, c’è ancora un forte disallineamento tra domanda e offerta che si traduce in migliaia di posti di lavoro scoperti, spesso per mancanza di profili adatti. Pertanto è necessario fornire strumenti per lo sviluppo delle competenze più richieste, attraverso corsi specifici e mirati.
Nei prossimi anni sarà concreta la possibilità ci creazioni di opportunità lavorative per milioni di persone nel settore ambientale. Quindi si dovrà sostenere la formazione anche nel campo dei “green jobs” per le generazioni attuali e per quelle future. In questo senso diventerà fondamentale creare infrastrutture che possano colmare il divario tra presente e futuro.
Sarà necessario aumentare la capacità di creare valore nei diversi comparti economici (agricoltura, turismo, manifattura, servizi, commercio, pubblica amministrazione) attraverso il trasferimento tecnologico, la digitalizzazione, l’automazione, la cooperazione in reti di impresa, la costruzione di filiere, l’innovazione di processo e di prodotto, la promozione dei territori e delle sue produzioni. In questo modo sarà possibile aumentare l’offerta di occasioni di lavoro e di impresa e così come l’attrattiva del sistema piemontese per nuove iniziative e investimenti.
Le nostre proposte
- investire maggiormente nelle politiche attive per il lavoro e dotare l’Agenzia Piemonte Lavoro di risorse umane e materiali adeguate, creando figure professionali per la ricerca di lavoro, insistendo digitalizzazione dei processi e creando finalmente il fascicolo elettronico del lavoratore;
- migliorare e promuovere la Bacheca Digitale Unificata;
- fornire corsi di formazione, aggiornamento e riqualificazione professionale gratuiti e mirati, sulla base delle richieste del mercato del lavoro, al fine di ridurre il disallineamento tra domanda e offerta;
- aumentare l’uso del ricorso al lavoro agile (smart working) e introdurre forme di incentivi e agevolazioni al suo ricorso per le piccole realtà private;
- mettere a disposizione spazi pubblici per il lavoro condiviso (co-working)
- attuare politiche di sgravi fiscali per le aziende che fanno formazione e assumono, al fine di poter offrire condizioni lavorative che le rendano concorrenziali
- in accordo con le aziende del territorio attivare trasporti ad hoc e incentivare politiche di ospitalità nelle aree più periferiche.
- sostenere le imprese, soprattutto alle piccole e medie imprese accompagnandole e agevolando il processo di sostenibilità, al quale spesso i costi elevati non permettono di accedere, lasciandole così fuori dal mercato e rendendole non competitive.
- promuovere un maggior rapporto tra scuola e mondo delle imprese, e in particolare imprese del terzo settore, finanziando tirocini retribuiti, incentivando così formazione e occupazione giovanile;
4. Istruzione e ricerca
Il Diritto a un’istruzione pubblica e di qualità per tutti/e è uno dei temi da cui devono ripartire le politiche di inclusione. Il tema dell’istruzione si declina in termini di risorse disponibili ma anche in termini di centralità del ruolo della Scuola nella crescita civile e nell’acquisizione di competenze individuali e collettive. Occorrono più risorse per l’istruzione in modo da allinearsi alla media europea, dando dignità al ruolo sociale di chi insegna, rafforzando le retribuzioni e la formazione di insegnanti, personale scolastico e educatori. La qualità della didattica e degli spazi didattici sono un presupposto per rilanciare la Scuola e in cui investire adeguatamente nei prossimi anni e sulle prossime generazioni.
Occorre investire sul rinnovo strutturale dell’infrastruttura scolastica in termini edilizi e di modello spaziale della formazione, cogliendo le opportunità sperimentate con la didattica a distanza in periodo Covid-19 e ibridandole con la qualità della didattica tradizionale.
Si deve rafforzare e innovare nella formazione vocazionale, sia a livello di istruzione secondaria superiore sia a livello universitario. La scolarizzazione precoce deve essere diffusa e promossa anche in un’ottica di equilibrio di genere. Occorre promuovere la relazione tra scuola e territorio in tutti i contesti, facendo dell’infrastruttura scolastica una piattaforma civica multiservizi.
La scuola inoltre è il primo modello e il primo luogo di integrazione. La scuola è il più importante luogo in cui si incontrano “vecchi italiani” (figli di stanziali) e “nuovi italiani” (figli di migranti) e tutti insieme si impara a diventare cittadini. Per questo la scuola deve costruire un ambiente accogliente e inclusivo, dove la cittadinanza italiana è acquisita in modo culturale con attenzione e rispetto per le differenze.
Oggi però il sistema di sostegno in Piemonte sembra essere guidato per lo più da logiche burocratico-amministrative-localistiche anziché essere orientato alle necessità degli studenti, la priorità è quella di perseguire la logica della semplificazione per richiedere borse di studio e sovvenzioni da parte degli studenti.
Anche l’offerta abitativa è insufficiente, le residenze universitarie non soddisfano le richieste abitative degli studenti fuorisede, per questo la Regione deve promuovere lo “Student Housing” stimolando il mercato e aiutando i proprietari nelle ristrutturazioni. Occorre stipulare un patto con le città, con gli enti pubblici, con enti privati profit e no profit, con l’università, allo scopo di favorire la realizzazione di strutture, spazi, luoghi sempre più vivibili e volti alla relazione tra studenti.
Infine occorre potenziare i canali della formazione collegandola alle iniziative delle aziende e del privato. È essenziale raggiungere anche le persone più fragili, ribaltando lo schema per cui siano loro a dover rivolgersi ai servizi pubblici, e rendere attrattiva la formazione allargando le possibilità e i campi di azione.
L’obiettivo di elevare il livello di istruzione del nostro territorio non si raggiunge con un’intenzione di facciata ma con una forte volontà politica, a tutti i livelli.
L’istruzione è un fattore chiave per lo sviluppo di un territorio, ma l’Università e gli enti pubblici di ricerca sottolineano che per il Piemonte il numero di laureati è inferiore alla maggior parte dei Paesi OCSE.
Le nostre proposte
- aumentare il numero dei laureati anche mediante il potenziamento del diritto allo studio;
- aumentare le interazioni con il mondo del lavoro;
- coordinare le attività di ricerca.
- potenziare l’educativa territoriale, di strada e del lavoro dei mediatori per poter garantire maggiori e migliori prese in carico di minori stranieri non accompagnati;
- fare crescere il numero di indirizzi e di corsi sul territorio, raggiungendo anche le aree più periferiche
- avviare un progetto coordinato di orientamento scolastico verso gli ITS da svolgere in tutte le scuole superiori, in modo da fare conoscere questa prospettiva al maggior numero possibile di studenti e famiglie che rappresenta una solida e concreta alternativa per tutti quelli che non se la sentono di intraprendere un lungo percorso universitario
5. Sport e aggregazione
Con la nuova definizione di sport introdotta dalla Riforma dello sport
(Decreto Legislativo 36) e la recente approvazione della modifica della
Costituzione (nuovo comma all’art. 33 della Costituzione), viene legittimato
il valore educativo e sociale dello sport e riconosciuto come diritto da
promuovere e tutelare. Questa legittimazione rafforza il ruolo dei soggetti
deputati a promuovere la pratica sportiva con finalità inclusive, educative e
volte al benessere e li responsabilizza a rendere la pratica sportiva più
accessibile e inclusiva.
La funzione dello sport nella crescita di bambine e bambini, ragazzi e ragazze non coinvolge unicamente il loro sviluppo psicofisico, toccando anche il diritto alla salute tutelato dalla convenzione sui diritti dell’infanzia. Lo sport ha infatti un impatto nella crescita sociale ed educativa dei più giovani, offre un ambiente in cui apprendere, in un contesto di gioco, valori quali il rispetto delle regole e degli avversari e rappresenta un momento di aggregazione e di socialità in cui sviluppare la propria personalità e instaurare relazioni con i coetanei e gli adulti.
Dai dati ISTAT emerge che la pratica sportiva tra bambini e ragazzi ha subito un vero e proprio crollo durante la pandemia, che non ha riscontro nelle altre fasce d’età. L’incidenza dei minori che non fanno sport è cresciuta dal 18,5% al 24,9% tra i 6 e i 10 anni e dal 15,7% al 21,3% tra 11 e 14 anni. Più stabile tra i 15-17enni, dove è comunque cresciuta dal 18,8% al 19,9%.
Su questi dati incidono la condizione economica delle famiglie, le barriere personali, culturali e sociali legate ad esempio, alla cittadinanza e al genere, la disomogenea distribuzione di strutture e impianti sportivi
Le società sportive, i circoli diffusi sul territorio, attraverso i progetti sportivi e motori assumono il ruolo di sentinelle in grado di sollecitare l’attenzione degli Enti locali e i presidi sanitari affinché la pratica motoria sia promossa come politica pubblica e strumento di salute. Gli enti locali e i presidi sanitari, pertanto, attraverso uno scambio tra le proprie competenze e i propri strumenti e quelli degli operatori sportivi, devono mettere a disposizione un bagaglio di reciproche conoscenze a disposizione della diffusione della pratica motoria e di stili di vita sani, soprattutto tra la popolazione degli over 60. Il movimento sportivo di base rappresenta un’infrastruttura immateriale fondamentale del nostro Paese e come tale deve poter offrire occasioni di salute per tutta la cittadinanza.
Serve una nuova Cultura della Socialità, che curi l’importanza dei rapporti sociali e che produca una capacità di modulare i comportamenti in base alle nuove esigenze, per continuare a praticare le diverse attività sportive, culturali, artistiche, ricreative.
La funzione dello sport nella crescita di bambine e bambini, ragazzi e ragazze non coinvolge unicamente il loro sviluppo psicofisico, toccando anche il diritto alla salute tutelato dalla convenzione sui diritti dell’infanzia. Lo sport ha infatti un impatto nella crescita sociale ed educativa dei più giovani, offre un ambiente in cui apprendere, in un contesto di gioco, valori quali il rispetto delle regole e degli avversari e rappresenta un momento di aggregazione e di socialità in cui sviluppare la propria personalità e instaurare relazioni con i coetanei e gli adulti.
Dai dati ISTAT emerge che la pratica sportiva tra bambini e ragazzi ha subito un vero e proprio crollo durante la pandemia, che non ha riscontro nelle altre fasce d’età. L’incidenza dei minori che non fanno sport è cresciuta dal 18,5% al 24,9% tra i 6 e i 10 anni e dal 15,7% al 21,3% tra 11 e 14 anni. Più stabile tra i 15-17enni, dove è comunque cresciuta dal 18,8% al 19,9%.
Su questi dati incidono la condizione economica delle famiglie, le barriere personali, culturali e sociali legate ad esempio, alla cittadinanza e al genere, la disomogenea distribuzione di strutture e impianti sportivi
Le società sportive, i circoli diffusi sul territorio, attraverso i progetti sportivi e motori assumono il ruolo di sentinelle in grado di sollecitare l’attenzione degli Enti locali e i presidi sanitari affinché la pratica motoria sia promossa come politica pubblica e strumento di salute. Gli enti locali e i presidi sanitari, pertanto, attraverso uno scambio tra le proprie competenze e i propri strumenti e quelli degli operatori sportivi, devono mettere a disposizione un bagaglio di reciproche conoscenze a disposizione della diffusione della pratica motoria e di stili di vita sani, soprattutto tra la popolazione degli over 60. Il movimento sportivo di base rappresenta un’infrastruttura immateriale fondamentale del nostro Paese e come tale deve poter offrire occasioni di salute per tutta la cittadinanza.
Serve una nuova Cultura della Socialità, che curi l’importanza dei rapporti sociali e che produca una capacità di modulare i comportamenti in base alle nuove esigenze, per continuare a praticare le diverse attività sportive, culturali, artistiche, ricreative.
Le nostre proposte
- sostenere e accompagnare le società sportive
- incentivare la costruzione di impianti sportivi in aree periferiche
- garantire l’accesso allo sport per le famiglie con ISEE più basso e a quelle con molti figli
- incentivare la pratica dello sport nelle scuole
- potenziare centri di aggregazione informale e sviluppo di nuovi centri interculturali aperti a tutti i minori, giovani, adulti italiani e stranieri che siano luoghi di incontro e spazi aperti alla cittadinanza.
- attraverso l’ausilio di enti culturali e sportivi incentivare progettualità nelle scuole
- incentivare l’accesso alla cultura anche per le fasce più fragili e a coloro in ISEE più basso
6. Casa e accoglienza
L’abitare è da intendersi sia come luogo quale un appartamento dignitoso dove
poter vivere i propri spazi personali ed individuali, sia come luogo
collettivo che aiuti nell’interazione tra le persone e che sviluppi un senso
di appartenenza nel contesto sociale in cui si vive.
Riteniamo che uno spazio proprio dove poter raccogliere le proprie cose ma che sia anche luogo dove poter ritrovare la propria dimensione individuale e di raccoglimento, sia fondamentale e di primaria importanza per condurre una vita “sana” dove il concetto di salute implica non solo il concetto di mancanza di malattia, ma di uno “stato di benessere fisico, mentale e sociale” come affermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
L’emergenza abitativa è una delle questioni più urgenti per la nostra regione, solo a Torino oltre 27.000 persone hanno presentato domanda per una casa popolare, ma le case assegnate ogni anno sono qualche centinaio e da anni non si costruiscono più case popolari o di edilizia convenzionata. La ricerca di risorse abitative sul libero mercato da destinare a tale richieste non è stata attivata con i necessari piani di programmazione e in continuità e\o non ha dato i risultati sperati.
Assistiamo inoltre all’aggravarsi dell’emergenza abitativa per mancanza di alloggi disponibili sul mercato delle locazioni.
Su questa realtà – già problematica per i nuclei familiari e le persone che dispongono di un reddito e di un’occupazione stabile – si inserisce un’emergenza contingente provocata da problemi sociali particolarmente gravi e urgenti.
Vanno inoltre ridefinite e potenziate tutte le azioni rivolte alla cosiddetta zona grigia, che ancora non si connota come vera e propria emergenza abitativa, dall’housing sociale alle Agenzie Lo.C.A.Re, che peraltro consentono di tutelare anche i piccoli. affittuari, a misure che disincentivino la pratica di lasciare sfitti gli immobili.
Diventa quindi necessario tornare a investire sulla casa, in più direzioni come le manutenzioni straordinarie che consentano l’assegnazione degli alloggi pubblici ad oggi sfitti e il reperimento di nuove opportunità abitative per fragili e giovani.
In tale contesto, dallo Stato e dalla Regione non stanno arrivando aiuti idonei: il Governo sta tagliando dal fondo per il sostegno alla locazione e dal fondo per la Morosità Incolpevole, che peggioreranno drasticamente le condizioni di vita delle persone più povere. La Regione Piemonte si sta muovendo su un pericoloso crinale di privatizzazione dei servizi essenziali, a partire dalla sanità, che divengono pertanto accessibili sulla base del reddito e non compiutamente universali.
Sarà necessario coinvolgere la società civile, il volontariato, il terzo settore insieme alle Agenzie Territoriali per la Casa (ATC) e alla rete delle agenzie immobiliari anche attraverso i loro rappresentanti per trovare soluzioni innovative e per evitare che si creino tensioni sociali e situazioni di pericolo e abbandono per i soggetti più fragili.
Per questo chiediamo venga prevista una dotazione finanziaria che consenta di affrontare adeguatamente le problematiche legate all’emergenza abitativa.
Riteniamo che uno spazio proprio dove poter raccogliere le proprie cose ma che sia anche luogo dove poter ritrovare la propria dimensione individuale e di raccoglimento, sia fondamentale e di primaria importanza per condurre una vita “sana” dove il concetto di salute implica non solo il concetto di mancanza di malattia, ma di uno “stato di benessere fisico, mentale e sociale” come affermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
L’emergenza abitativa è una delle questioni più urgenti per la nostra regione, solo a Torino oltre 27.000 persone hanno presentato domanda per una casa popolare, ma le case assegnate ogni anno sono qualche centinaio e da anni non si costruiscono più case popolari o di edilizia convenzionata. La ricerca di risorse abitative sul libero mercato da destinare a tale richieste non è stata attivata con i necessari piani di programmazione e in continuità e\o non ha dato i risultati sperati.
Assistiamo inoltre all’aggravarsi dell’emergenza abitativa per mancanza di alloggi disponibili sul mercato delle locazioni.
Su questa realtà – già problematica per i nuclei familiari e le persone che dispongono di un reddito e di un’occupazione stabile – si inserisce un’emergenza contingente provocata da problemi sociali particolarmente gravi e urgenti.
Vanno inoltre ridefinite e potenziate tutte le azioni rivolte alla cosiddetta zona grigia, che ancora non si connota come vera e propria emergenza abitativa, dall’housing sociale alle Agenzie Lo.C.A.Re, che peraltro consentono di tutelare anche i piccoli. affittuari, a misure che disincentivino la pratica di lasciare sfitti gli immobili.
Diventa quindi necessario tornare a investire sulla casa, in più direzioni come le manutenzioni straordinarie che consentano l’assegnazione degli alloggi pubblici ad oggi sfitti e il reperimento di nuove opportunità abitative per fragili e giovani.
In tale contesto, dallo Stato e dalla Regione non stanno arrivando aiuti idonei: il Governo sta tagliando dal fondo per il sostegno alla locazione e dal fondo per la Morosità Incolpevole, che peggioreranno drasticamente le condizioni di vita delle persone più povere. La Regione Piemonte si sta muovendo su un pericoloso crinale di privatizzazione dei servizi essenziali, a partire dalla sanità, che divengono pertanto accessibili sulla base del reddito e non compiutamente universali.
Sarà necessario coinvolgere la società civile, il volontariato, il terzo settore insieme alle Agenzie Territoriali per la Casa (ATC) e alla rete delle agenzie immobiliari anche attraverso i loro rappresentanti per trovare soluzioni innovative e per evitare che si creino tensioni sociali e situazioni di pericolo e abbandono per i soggetti più fragili.
Per questo chiediamo venga prevista una dotazione finanziaria che consenta di affrontare adeguatamente le problematiche legate all’emergenza abitativa.
Le nostre proposte
- Ampliamento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica
- Manutenzione del patrimonio esistente anche mediante accordi con realtà del terzo settore e del privato sociale
- Sostegno alla morosità incolpevole
- Superamento del fenomeno dell’abusivismo
- Incentivi, agevolazioni e garanzie per ampliare la locazione privata
- Promuovere forme di housing e cohousing sociale
- Promuovere servizi di accoglienza e sostegno rivolti alle persone senza fissa dimora
7. Diritti e pari opportunità
Riteniamo sia fondamentale aumentare le risorse dedicate alle pari opportunità
e alla parità di genere e quelle finalizzate al contrasto della violenza
contro le donne e la violenza domestica, proteggendo e sostenendo le donne
vittime di abusi.
Il Piemonte non può fare a meno del contributo delle donne e quindi occorre far crescere la loro presenza nel mercato del lavoro e la loro indipendenza economica. Per contrastare la condizione di povertà delle donne bisogna ridurre il gap retributivo e le lacune previdenziali tra i generi, anche migliorando le politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Infatti il tasso di occupazione femminile, a differenza di quello maschile, cala all’aumentare del numero di figli, rendendo sempre più problematico la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e il raggiungimento della parità di genere.
Il Piemonte non può fare a meno del contributo delle donne e quindi occorre far crescere la loro presenza nel mercato del lavoro e la loro indipendenza economica. Per contrastare la condizione di povertà delle donne bisogna ridurre il gap retributivo e le lacune previdenziali tra i generi, anche migliorando le politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Infatti il tasso di occupazione femminile, a differenza di quello maschile, cala all’aumentare del numero di figli, rendendo sempre più problematico la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e il raggiungimento della parità di genere.
Le nostre proposte
- sviluppare interventi efficaci di conciliazione vita-lavoro, promuovendo la “genitorialità responsiva”, che coinvolge anche gli uomini e i padri nella responsabilità di cura e domestiche;
- prevedere investimenti per la creazione di infrastrutture territoriali che coinvolgano attori pubblici, privati e del Terzo Settore;
- ripristinare una totale ed incondizionata libertà di legittima scelta delle donne di autodeterminare le proprie vite, attraverso l’attivazione di tutte le misure di prevenzione, compresa la contraccezione gratuita, il potenziamento dei servizi sociali e del personale e dei consultori per tutte le fasce d’età e la piena tutela della salute sessuale e riproduttiva per tutte e tutti;
- approvare una legge che, in maniera esplicita, faccia riferimento ai crimini d’odio e agli atti discriminatori contro la comunità Lgbtqia+
8. Coesione e valore della comunità
Siamo convinti che sia necessario promuovere eguali opportunità di sviluppo personale e di comunità, introducendo e sostenendo forme originali di housing sociale e di residenzialità di comunità. Questa iniziativa deve essere adattata ai diversi contesti territoriali, aiutando a ripopolare i territori con problemi demografici e a rafforzare i legami tra le città maggiori e le aree più periferiche. Va infine fatto ogni sforzo per prevenire e recuperare l’esclusione sociale.
L’individualismo sociale è una minaccia per la coesione di una società, ma la coesione è una precondizione essenziale per lo sviluppo. Vogliamo quindi portare avanti una proposta comunitaria, che si oppone a tutti i fenomeni disgregatori con la riscoperta del valore del bene comune a partire dal sostegno dei più deboli.
Dobbiamo concentrarci sull’ascolto delle esigenze e dei problemi e su tutti i tipi di fragilità. Se non si riparte dagli “ultimi” non si può ricreare il tessuto comunitario, non si può ridare senso al concetto di cittadinanza inteso come condivisione di un destino, a prescindere da nascita, cultura, provenienza geografica, etnia, religione, condizione economica.
La cittadinanza deve essere sinonimo di comunità sociale, di solidarietà e deve trovare ragione e diritto non più solo nel “sangue” ma, soprattutto, nella condivisione delle sorti di tutta la collettività, nel rispetto delle sue regole e nella partecipazione alla costruzione di una società aperta, accogliente e giusta.
Le nostre proposte
- promuovere e potenziare i servizi per minori, giovani e anziani anche nelle aree più periferiche;
- implementare nuovi centri educativi e ricreativi, assicurando l’accesso gratuito alle attività culturali e sportive;
- collaborare con cooperative sociali, associazioni locali per creare programmi di inclusione e prevenzione del disagio giovanile. Investiremo in spazi sicuri e attrezzati per la socializzazione, favorendo un ambiente stimolante e protetto per la crescita dei nostri giovani.
9. Cultura e valorizzazione del territorio
Il Piemonte è caratterizzato da un vasto patrimonio culturale materiale e immateriale. La prospettiva di tutela e di valorizzazione di questo patrimonio non deve più essere meramente conservativa, ma deve ispirarsi a un approccio di “Welfare culturale e di comunità o di prossimità”.
Con questa espressione si intende un nuovo modello integrato di promozione del benessere e della salute degli individui e delle comunità, attraverso pratiche fondate sulle arti visive, performative e sul patrimonio culturale.
Il Welfare culturale si fonda sul riconoscimento, sancito anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell’efficacia di alcune specifiche attività culturali, artistiche e creative, come fattore di promozione della salute, di benessere soggettivo e di soddisfazione per la vita, di contrasto alle disuguaglianze e di coesione sociale.
Con il termine Welfare di comunità, o di prossimità, si intende un modello di intervento sociale che fa perno sull’esperienza quotidiana dei membri di una società locale per promuovere e sviluppare servizi di sostegno alle componenti più deboli presenti in un territorio. In questo senso, il Welfare di comunità corrisponde a una riarticolazione del piano di intervento classico del Welfare state, promuovendo interventi che vengono progettati nello stesso bacino territoriale nel quale verranno implementati.
Le nostre proposte
- valorizzare le specificità locali, sia dal punto di vista dei bisogni che delle risorse;
- applicare il principio di sussidiarietà;
- ridefinire il perimetro dei soggetti chiamati a produrre proposte culturali coinvolgendo attori della società locale e di cittadini attivi nel più ampio senso possibile;
- favorire un approccio auto-attivante della comunità locale, che mette a disposizione risorse per il benessere collettivo, in primo luogo, il proprio tempo, ma anche risorse di tipo organizzativo ed economico
10. Europa e pace
La casa comune dei nostri paesi europei è l’Unione Europea, baluardo di democrazia e giustizia sociale. Vogliamo costruire una identità europeista plurale, inclusiva, aperta e di pace.
La guerra distrugge ogni aspirazione ad un futuro migliore, alla giustizia sociale, alla lotta al cambiamento climatico, al riequilibrio tra il sud e il nord del mondo ed è per questo che va evitata con ogni mezzo. La guerra non è la prosecuzione della politica con altri mezzi ma la sua radicale negazione ed è per questo che la politica, i partiti, le istituzioni italiane ed europee devono essere uniti nel contrastarla.
Gli Stati Uniti d’Europa, che sono un obiettivo reale e realistico, saranno forti della grande e ricca varietà culturale, sociale e storica dei paesi comunitari, nella condivisione delle sorti di tutta la collettività, nel rispetto delle sue regole e nella partecipazione alla costruzione di una società aperta, accogliente e giusta.
Le nostre proposte
- superare le barriere che separano i popoli, quelle tra le generazioni, tra occupati e disoccupati; tra lavoratori e pensionati, stabili e precari; tra interessi privati e interessi pubblici; tra Nord e Sud; tra uomini e donne; tra italiani nati qui e “nuovi” italiani, tra gli italiani che vivono in Italia e gli italiani all’estero;
- uscire dallo “shock degli egoismi” per rilanciare il processo di integrazione, riprendendo decisamente il cammino della Costituzione Europea: degli Stati Uniti d’Europa, baluardo contro i conflitti tra oriente e occidente, tra culture e religioni, tra democrazia e tirannide;
- promuovere corridoi umanitari;
- potenziare la rete degli Europe Direct, centri che contribuiscono ad avvicinare l’Unione europea ai cittadini sul campo e che facilitano la loro partecipazione ai dibattiti sul futuro dell’UE, rispondendo a domande sulle politiche, sui programmi e sulle priorità dell’UE.
- Informare i cittadini piemontesi sulle opportunità offerte da EURES, il centro per l’’impiego che raccoglie e organizza opportunità di lavoro a livello continentale.